Storia dell’Intelligenza Artificiale – Parte 2: Le Crisi, le Scoperte e il Risveglio delle Macchine

Dopo le promesse e l’entusiasmo iniziali, l’intelligenza artificiale ha attraversato momenti difficili. Tra il 1970 e il 2010, i progressi rallentano, gli investimenti calano, e la fiducia nella possibilità di costruire una “mente artificiale” vacilla.

Ma proprio in questi anni di silenzio, si piantano i semi di una nuova era. La seconda parte della storia dell’IA ci racconta di crisi, fallimenti, nuove idee… e di una lenta ma inesorabile rinascita.


I due “inverni” dell’intelligenza artificiale

Il primo inverno (anni ’70 – inizi ’80)

Negli anni ’70, si credeva che l’IA avrebbe presto risolto problemi complessi: capire il linguaggio, tradurre testi, ragionare. Ma la realtà si rivelò ben diversa.

I computer dell’epoca erano troppo lenti, le macchine non comprendevano davvero il significato delle parole e, soprattutto, non sapevano adattarsi.

L’intelligenza artificiale si basava su regole rigide: se succede A, fai B. Ma il mondo reale è pieno di eccezioni, situazioni impreviste e sfumature che una regola non può prevedere.

Molti progetti si bloccarono, i finanziamenti pubblici vennero ridotti e l’interesse calò. Era iniziato il primo “inverno dell’IA”.

 


Il secondo inverno (1987–1993)

Dopo una breve ripresa con i cosiddetti “sistemi esperti” – programmi capaci di imitare le decisioni di un medico o un tecnico – arrivò una seconda crisi. Questi sistemi funzionavano bene solo in contesti molto precisi.

Se qualcosa cambiava, andavano in confusione.

Un esempio famoso è XCON, un software per configurare computer. Funzionava, ma solo se aggiornato continuamente a mano, con altissimi costi.

Molti si resero conto che non bastava creare un “esperto digitale”: serviva una macchina in grado di imparare, adattarsi, aggiornarsi da sola.

Il secondo inverno aveva fatto emergere il bisogno di un’IA più flessibile.

 


Nasce il machine learning: le macchine iniziano a imparare

Negli anni ’90 comincia a farsi strada una nuova idea: invece di dire alla macchina esattamente cosa fare, perché non farle imparare da sola?

È qui che nasce il machine learning, ovvero apprendimento automatico.

Le macchine iniziano a essere “addestrate” con grandi quantità di dati: testi, immagini, numeri. Analizzano questi dati, cercano schemi e imparano a fare previsioni.

Un programma per leggere la scrittura a mano, per esempio, non riceve più la regola per ogni lettera. Gli si mostrano migliaia di esempi, e lui capisce da solo come distinguere una “a” da una “o”.

In questo periodo nascono anche alcuni strumenti fondamentali:

  • Le reti neurali artificiali, ispirate al cervello umano.
  • Le Support Vector Machine, per classificare dati in categorie.
  • Gli alberi decisionali, che simulano scelte a più livelli.

L’intelligenza artificiale inizia a comportarsi più come un apprendista curioso che come un rigido esecutore.

 


Il risveglio tecnologico: dati, potenza e algoritmi

Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio dei 2000, avviene una rivoluzione silenziosa ma fondamentale. Tre fattori iniziano a lavorare insieme:

1. I Big Data

Con l’arrivo di Internet, dei social network e degli smartphone, l’umanità comincia a generare una quantità impressionante di dati: foto, testi, posizioni GPS, video, preferenze.

Per l’IA, questi dati sono come benzina: senza dati, non può imparare. Con i dati, può diventare sempre più precisa.

2. La potenza di calcolo

Le nuove GPU (unità grafiche) usate per i videogiochi si dimostrano perfette anche per elaborare i calcoli complessi delle reti neurali. Le macchine ora possono allenarsi più velocemente, su dataset enormi.

3. Algoritmi più intelligenti

I ricercatori migliorano gli strumenti con cui si addestrano le reti neurali. Tecniche come la backpropagation, il dropout o l’early stopping aiutano le reti a non “barare” durante l’apprendimento e ad adattarsi meglio.

Il risultato? Sistemi che iniziano davvero a “capire” il contenuto di una foto, la voce di una persona, il significato di un testo. Dal 2005 in poi, il riconoscimento facciale, la ricerca per immagini e il controllo vocale iniziano a diffondersi nella vita quotidiana.

 


Quando la macchina sconfisse il campione

Nel 1997 arriva un evento simbolico che fa il giro del mondo: Deep Blue, un supercomputer di IBM, sconfigge il campione mondiale di scacchi Garry Kasparov.

La macchina non “capisce” davvero gli scacchi, ma è stata programmata per valutare milioni di mosse al secondo e imparare dalle partite precedenti. Con questo vantaggio, riesce a battere l’uomo nel gioco della strategia per eccellenza.

Per molti, è la prova che l’intelligenza artificiale può affrontare anche problemi complessi. Ma Deep Blue resta una mente specializzata: bravissima negli scacchi, ma inutile in tutto il resto.

 


Il deep learning accende la scintilla finale

Nel 2006, lo scienziato Geoffrey Hinton dimostra che si possono addestrare reti neurali profonde, cioè formate da molti “strati” di neuroni artificiali, per ottenere risultati eccezionali.

È la nascita del deep learning: un’evoluzione dell’apprendimento automatico che cambia tutto.

Grazie al deep learning, le macchine iniziano a:

  • Riconoscere volti in mezzo alla folla.
  • Capire la voce umana e rispondere.
  • Tradurre lingue in tempo reale.
  • Leggere immagini mediche e segnalare anomalie.

Nel giro di pochi anni, applicazioni come Google Voice, Siri, Facebook Photo Tag e strumenti diagnostici cominciano a usare queste tecnologie. Le IA iniziano a lavorare silenziosamente dentro le app, nei nostri telefoni, nei servizi online.

Il futuro sembra più vicino.

 


Un nuovo inizio

Dal gelo degli inverni alle nuove promesse del machine learning e del deep learning, l’intelligenza artificiale ha compiuto una trasformazione profonda. Non è più solo un’idea o un esperimento da laboratorio: ha messo piede nella nostra quotidianità.

Quello che sta per arrivare – come vedremo nella prossima parte – è un salto ancora più grande: l’intelligenza artificiale che scrive testi, crea immagini, dialoga e inventa.

L’intelligenza artificiale generativa.

Il prossimo capitolo ci porterà dentro l’era moderna dell’IA, dove le macchine non solo apprendono, ma cominciano a creare.

 

Se non hai ancora letto la parte 1 puoi recuperarla cliccando qui.